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Hayek e il Bitcoin

bitcoin-logo-3dLa profonda crisi delle istituzioni nazionali e internazionali, il crollo di fiducia e di rispetto nei loro confronti, hanno prodotto una serie di contro-mosse teoriche e pratiche che hanno come obiettivo comune la messa in questione della verticalità delle scelte (dai governanti ai governati) e la costituzione di reti di potere orizzontali, immanenti.

Questi fenomeni di erosione dei concetti e delle pratiche classiche della modernità hanno colpito perfino la moneta. La nascita di Bitcoin, la moneta elettronica ‘prodotta’ (ma sarebbe meglio dire ‘estratta’, dato che viene prodotta attraverso il mining) attraverso software peer-to-peer e che non dispone di niente di simile a una banca centrale, è il tentativo di sottrarre a istituzioni centralistiche e verticistiche il potere di conio. Pirati informatici all’assalto della Zecca, si potrebbe dire. Qualcuno ha visto nel Bitcoin la realizzazione delle tesi liberiste del filosofo ed economista austriaco Friedrich Hayek, il quale aveva sostenuto che il potere di battere moneta avrebbe dovuto essere sottratto ai governi per essere conferito ad agenzie private in grado di mettere sul mercato monete concorrenziali, proprio come se si trattasse di comuni prodotti, in modo da lasciare ai cittadini la libertà di scelta su quali monete usare per i loro affari. La tensione libertaria di Hayek e Nakamoto (il misterioso creatore di Bitcoin, forse un nome collettivo) sembra la medesima: entrambi sono preoccupati di eliminare la mediazione del terzo, l’istituzione finanziaria.

In realtà esistono già molti casi di moneta ‘privata’ (ne sono state contate quattromila): dai punti guadagnati con la spesa o coi viaggi in aereo alle banche del tempo, dalla proliferazione di monete locali (negli Stati Uniti circolano biglietti locali con la scritta “crediamo l’uno nell’altro” al posto del motto In God We Trust stampato sul dollaro) fino alla recente istituzione di banche della terra.

Thomas Jefferson nel 1813 aveva sostenuto che il diritto di emettere moneta fosse sottratto alle banche e restituito al popolo.

Il punto è che l’orizzontalità insita in questo processo di produzione di moneta non ci mette al riparo dalle relazioni di potere in esso insite, con le storture e le violenze che queste generano. La produzione ‘diffusa’ di moneta ‘dal basso’ non ci garantisce un migliore esito rispetto alle banche centrali. Ciò che invece si dovrebbe chiedere è una maggiore trasparenza e democraticità delle scelte di queste ultime, poiché ciò che ci garantisce dagli abusi non è l’immanenza dei processi, ma la possibilità di sottoporli a un rigoroso controllo democratico.

[*questo articolo è apparso sul numero dell’11 aprile 2014 di Pagina99 edizione weekend]