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Vero e falso da Eataly, posto per filosofi

eatalyEataly è un posto per filosofi. Appena ci entri e passi davanti alle cassette della frutta, ti viene in mente Walter Benjamin. La frutta nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Non che la frutta di Eataly non sia ‘originale’, o che sia una copia, beninteso. Senz’altro le arance di Sicilia verranno dalla Sicilia. Ma la mercanzia da Eataly ha perso l’aura. Benjamin dice che le nuove tecniche artistiche della cultura di massa fanno perdere l’aura alle opere d’arte, ovvero rendono inutile ciò che fino ad allora inutile non era: la nozione di autentico. Se, alla luce di quella nozione, avere a che fare con un’opera autentica (prendiamo un’opera rinascimentale) era un lusso aristocratico, con la diffusione di massa dell’arte ognuno può ascoltare un disco jazz, dall’operaio al grande tycoon. La sensazione di mangiare un’arancia di Sicilia in Sicilia, Eataly te la porta sotto casa. Aristocrazia massificata: niente Grand tour per andare a mangiare le arance sul posto, le mangi nel supermercato di Farinetti. L’esperienza aristocratica diventa alla portata di tutti, con la stessa prosopopea fighetta. Strano paradosso: essere come tutti e sentirsi diversi. Le retoriche della purezza, dell’identità incontaminata, del chilometro-zero, sono ancora dentro il paradigma dell’estetica aristocratica. Farinetti sfonda e ti porta un TIR di nostalgia pasoliniana dell’autentico da consumare nella città in cui ti trovi (nel mio caso, la bella struttura dell’ex libreria Martelli a Firenze). Del resto prima o poi i frutti puri dovevano pur impazzire (“E noi sviliti prigionieri/destinati/alla fame fino a ingoiare sozzume”), lasciandoci tra l’angoscia per i tropici perduti e l’entusiasmo per il futuro tecnologico. Dentro Eataly pensi a tutto questo, e pensi a Franco Fortini, il poeta e saggista fiorentino. Se Theodor Adorno aveva scritto in Minima moralia che “Non si dà vita vera nella falsa”, Fortini aveva ribaltato Adorno: “Non c’è vita vera se non nella falsa”. Eataly ti porta dentro questa contraddizione: l’autentico è finito (ma non era neanche mai esistito), e non è neanche il caso di rimpiangerlo. Ma Eataly te lo vende. I frutti puri sono impazziti e non c’è “Nessuno/per testimoniare/e riparare, nessuno per guidare la macchina”. Eppure se si vuole chiudere la portiera e lasciare fuori la vita falsa, è in quel momento che la vita ‘vera’ diventa inservibile, si falsifica, avvizzisce. Non c’è vita vera se non nella falsa, ovvero solo l’inautentico può fondare l’autentico, direbbe ancora Fortini. Fiorello aveva intitolato il suo primo album di cover cantate imitando la voce degli interpreti originari Veramente falso. Un genio. Vita spericolata cantata da Fiorello che fa Vasco. C’è più verità in un risotto liofilizzato. Ovvero c’è più vita vera nella veramente falsa.

[Questo articolo è apparso sul numero del 17-23 maggio 2014 di Pagina99 edizione Weekend]